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La storia di Gemma

Quando hai 14 anni credi che le cose più tremende che possano capitarti siano prendere un brutto voto a scuola, non piacere al ragazzo per il quale ti sei presa una cotta bestiale o litigare con la tua compagna di banco. Quando hai 14 anni la leucemia non è nell’elenco delle cose tremende che pensi possano capitarti. A me è “capitata”

E’ strano come il tuo mondo possa cambiare nel momento in cui viene pronunciata una piccolissima frase. “Hai la leucemia”. Ricordo l’istante in cui ho sentito queste tre parole come se me l’avessero dette 5 minuti fa. Il cervello per un attimo si spegne. Poi inizia a cercare informazioni all’impazzata. Leucemia. Cos’è? Ricordavo vagamente qualche pubblicità progresso vista distrattamente e casualmente in tv. Forse ne avevo sentito parlare a scuola.. In mezzo a questo turbine di pensieri, uno solo ha preso il sopravvento dominando la mia mente: “morirò”.

I primi giorni dopo la diagnosi sono stati orribili, non facevo altro che chiedermi “perchè proprio a me?”, “cosa ho fatto di male per meritarmi questo?”, mi svegliavo ogni mattina con il desiderio che fosse stato solo un brutto incubo. Ma appena varcata la soglia del reparto di oncoematologia dell’Ospedale dei Bambini di Palermo, l’incubo ha preso una piega diversa. Il reparto era pieno di colori, il primario aveva un papillon psichedelico, i medici erano così sorridenti, tranquilli e scherzosi che ricordo di aver pensato “beh, non dev’essere poi così grave se loro sono così sereni”. Ed in quel momento credo sia passata la paura. C’era la chemio con i suoi effetti collaterali, c’erano i capelli che cadevano, c’era la nausea, la stanchezza, i dolori atroci. Ma la paura non c’era. Ogni tanto tornava. Quando gli effetti collaterali erano troppo pesanti ed iniziavo a perdere la voglia di lottare. Quando vedevo quelli che, nonostante gli sforzi, non ce la facevano. Quando mi sembrava che l’incubo non potesse mai finire. Ma per fortuna ero sempre circondata dalla mia famiglia e da persone in grado di aiutarmi a rialzarmi, a metter da parte la paura e a riprendere a lottare.

Non è stato semplice, ho dovuto affrontare cose che solo chi le ha vissute riesce ad immaginare. Eppure, nonostante tutto, ricordo un sacco di momenti felici. Le chiacchierate con Delia mentre faceva la guardia notturna, le battute di Paolo, gli abbracci stritolanti di Mr Papillon, le poesie di Yogi, le pizze proibitissime portate furtivamente in reparto… E già, a 14 anni hai la leucemia e riesci ad essere felice. Probabilmente perchè la tua prospettiva cambia di colpo. Mangiare, parlare, vedere, pettinarsi o andare in bagno non sono più attività quotidiane tanto scontate, hai una bacinella come migliore amica (alla quale peraltro avevo anche dato un nome), ti esalti per ogni cappellino nuovo, i tuoi amici sono tutti calvi, vai in giro con un tubicino che ti esce dal petto, fai la pipì dei colori più disparati, hai la febbre un giorno sì e l’altro pure e, aspirati midollari, trasfusioni e punture lombari diventano la routine. In una prospettiva di questo tipo riesci a gioire davvero per ogni piccolo traguardo, la fine del primo ricovero, e poi del secondo e di quelli a seguire, la remissione, la rimozione del catetere venoso centrale, la ricrescita dei capelli, il passaggio alla terapia di mantenimento, l’ultimo aspirato midollare e, dopo 5 anni, la fine dell’incubo. Perchè l’incubo alla fine finisce anche se quando ci sei dentro non ti sembra possibile. E la cosa più assurda è che il mio incubo era diventato talmente tanto la norma, che la sua fine quasi mi spaventava. Ricordo che alla fine dei miei cicli di chemio, anziché essere felice del fatto che non avrei più dovuto affrontare effetti collaterali imprevedibili e ricoveri continui, ero quasi triste perchè avrei visto meno frequentemente i medici del reparto. Avevo paura che si dimenticassero di me, che mi “sostituissero” con qualcun’altro. Ormai facevano parte della mia vita più di quanto ne facessero parte i compagni di scuola. Ormai la mia vita era la malattia. Con il tempo, anche questa paura, diversa ma non per questo meno grande, è progressivamente scomparsa. La prospettiva piano piano è tornata ad essere quella di un’adolescente “normale”. L’adolescente che si prende le cotte, che si lamenta perchè i suoi capelli non restano in piega, che studia per prendere dei voti alti (sì, sono sempre stata un po’ secchiona), che considera mangiare e andare in bagno normali attività quotidiane.

Sono ormai passati 12 anni dalla diagnosi di “Leucemia promielocitica acuta”. Oggi, questa parola non fa più così paura. Oggi ho i capelli, mi sento bene E oggi sono un medico.

Non so se la mia scelta di fare medicina sia una conseguenza della mia malattia. Le scienze mi erano sempre piaciute anche prima. Chissà, forse l’avrei scelta ugualmente anche se non avessi avuto la leucemia. Non posso saperlo. Ciò che è certo è che la leucemia influenza il mio modo di essere medico. Quando mi trovo di fronte ai pazienti, ai loro occhi sono il medico forte e coraggioso (seppur inesperto), una figura opposta rispetto al loro essere pazienti, deboli, impauriti e malati. Non si immaginano minimamente che io invece rivedo in loro me stessa qualche anno fa, debole, impaurita e malata. Il mio passato è ciò che mi permette di essere estremamente empatica nei confronti dei pazienti. A volte fa male, ma credo che poter aiutare qualcuno sapendo cosa sta provando sia una cosa rara e stupenda. Prendersi cura delle persone tenendo sempre a mente che, se non si è al loro posto è solo perchè Dio, il karma o il destino, per qualche motivo, non lo hanno voluto, ti rende un medico migliore. O perlomeno è ciò che spero.

Pensare che i medici dell’ oncoematologia, coloro che mi hanno “salvata”, coloro che ho sempre ammirato, stimato e considerato degli dei, siano adesso miei colleghi mi fa sorridere. Se me l’avessero detto 12 anni fa non ci avrei mai creduto. Non avrei mai creduto di ritrovarmi uno dei miei medici ad assistere alla mia discussione di laurea e a festeggiare insieme ai miei parenti ed amici. In effetti, 12 anni fa, non avrei mai creduto di arrivarci ad una laurea.. o a un diploma.

E’ davvero una sensazione strana, difficile da descrivere. E’ quasi come se avessi vissuto due vite diverse e separate, dai due lati della barricata. Ed ogni occasione in cui le due vite si connettono e si miscelano tra loro crea in me delle emozioni grandissime. Devo ammettere che ancora dopo 12 anni, a volte la paura riemerge. A volta mi basta ritrovarmi un ematoma e non ricordarmi di aver battuto da qualche parte, ed ecco che gli antichi pensieri si riprendono per un poco possesso di me. Ma ogni anno capita meno spesso e spero che tra un po’ di tempo, la paura diventi solo un ricordo, insieme a tutti gli altri, e che rimanga solo la mia immensa, enorme, fantastica voglia di VIVERE.